Il rapporto tra le sorgenti termali e l’insediamento umano nell’area dell’odierna città di Viterbo è una caratteristica costante che attraversa tutti i periodi storici.
Già da epoca etrusca, ma in modo particolare in età romana, il paesaggio dell’area, fu caratterizzato da complessi di tipo termale di notevole aspetto. Durante il Medioevo e il Rinascimento non mancarono le frequentazioni delle acque termali ad opera di nobili, artisti ed anche Papi.
Le imponenti strutture antiche, a volte riutilizzate durante i secoli, sopravvivono sotto forma rovine nella campagna attuale.
In particolare l’area cosiddetta del Bagnaccio, è caratterizzata dalla presenza di due imponenti strutture, dette rispettivamente Lettighetta e Bacucco. Si tratta di strutture murarie, costituenti con tutta probabilità edifici termali di epoca classica.
Le strutture attualmente, risultano “spogliate” delle decorazioni e di buona parte degli elementi architettonici. Versano in precario stato di conservazione, aggravato dall’assenza di aree di rispetto, rispetto alle coltivazioni agricole. Inoltre, nel caso delle strutture del Bacucco, la vicinanza di tralicci per la corrente elettrica, condiziona pesantemente il corretto “sviluppo del paesaggio storico”.
Attualmente non risulta, che le strutture archeologiche siano oggetto di iniziative di studio, né di azioni di valorizzazione e conservazione. Attualmente non vi è alcuna pannellistica di segnalazione.
“Raggiungendo la zona denominata Bagnaccio, presso il bivio che conduce a Marta, caratterizzata da numerose polle sgorganti dal sottosuolo, sono gli — stabilimenti: Lettighetta (ben conservato, con doppio ambulacro in opus reticulatum) e Bacucco, queste ultime forse le terme più maestose tanto che i ruderi (purtroppo depredati nel tempo da innumerevoli elementi decorativi e costruttivi) attirarono Michelangelo, frequentatore dei bagni viterbesi durante i suoi lunghissimi soggiorni romani, il quale ne redasse due disegni ricostruttivi attualmente conservati nel museo di Vicar de Lille in Francia e, in copia fotografica, nel Museo Civico di Viterbo Lo stabilimento doveva ricoprire un’area di circa tre ettari e Giovanni Faperdue riporta in un recente libro il fatto che una colonna sarebbe quella oggi collocata a terra accanto alla Chiesa di S. Giovanni degli Almadiani in pieno centro cittadino.”
Da:
Francesco Mecucci
VITERBO
Labirintus Graphics & editors
Viterbo, 2004 p. 218