(Dalla relazione del Prof. Paolo Giannini tenuta il 7 marzo 2009 alle ore 16,30 in occasione della celebrazione del centenario della morte dell”archeologo viterbese. Il primo archeologo moderno della Tuscia nacque il 29 agosto 1870 in Via Chigi 19, nel cuore del centro storico di Viterbo nella parrocchia di S. Maria Nuova dove fu battezzato. La sua era una famiglia che apparteneva alla colta borghesia di Viterbo tanto da avere il proprio sepolcro nel pavimento della Chiesa del Duomo. Oggi scomparso dopo i rifacimenti del 1878. Di lui si conosce poco: il tempo ha dilavato i ricordi. A questo si aggiunge la sua naturale modestia: sono le sue opere, le ricerche e le intuizioni che parlano di lui. Andrea Scriattoli che gli fu amico e compagno di studi scrive che “compì con onore i suoi studi, conseguendo la licenza d’Istituto nella sezione di Agrimensura…….” Nel 1903 a trentatre anni, e gli rimanevano ancora 6 anni di vita, in seguito ad un terribile incidente di caccia, rimase privo del braccio destro ma con un’eccezionale forza di volontà, benché già adulto, riuscì ad addestrare la mano sinistra in modo che dopo qualche tempo scriveva memorie di luoghi e disegnava piante e profili di scavi di tombe in quei taccuini dove sono raccolte tante utili notizie. Fu per alcuni anni consigliere comunale e membro di molte commissioni cittadine a carattere culturale. Sposò Rosa Calcagnini dalla quale ebbe tre figlie: Anna che sposò il dott. Luigi Catalano ed ebbe due figli: Giovan Battista e Vincenzo, quest’ultimo ancora vivente. Teresa che sposò il gen. Giovanni Moramarco. Maria che sposò Filippo Cecchetti ed ebbe un figlio Bonaventura Cecchetti al quale dobbiamo il ricordo del nonno attrverso l’intitolazione di una Via (consenziente l’allora assessore ai Lavori Pubblici Corrado Buzzi) e la lapide all’interno della scena del teatro di Ferento. Quando ebbe inizio l’amore, lo studio e la passione per l’archeologia non lo sappiamo, sappiamo che essa si manifestò apertamente sul finire dell800 ed i primi del 900; gli anni più intensi della sua vita furono gli ultimi nove. 1901 S. Giuliano: fu il primo ad eseguire scavi nella necropoli di S. Giuliano e in località Noce portò alla luce abbondante materiale votivo da un tempio ed un pozzo sacro: diametro m.7, profondità m 20. Il 1901 è l’anno delle prime mirate indagini e scavi condotti da RLD a Ferento, nel teatro tra l’orchestra e la scena con il ritrovamento della decorazione scultorea ad essa pertinente tra cui le statue e delle muse e il Pothos. Tali inusitati ed imprevisti ritrovamenti indussero lo Stato Italiano a riservare a se lo scavo del teatro e ad acquistare il materiale reperito (1902) che dopo lunga permanenza al Museo Archeologico di Firenze è tornato ad essere visibile nel Museo della Rocca Albornoz. Nel 1902 è tra i fondatori della Società Viterbese per la Conservazione dei Monumenti dalla quale deriverà più tardi l’attuale associazione degli Amici dei Monumenti. Nel 1903 scava a Poggio Montano (Vetralla) 59 tombe di diverso periodo. E’ una necropoli di notevole importanza che unisce tombe a cremazione, a fossa e a camera simile alla più famosa necropoli dei Quatto fontanili di Vejo. Egli redige scrupolosi appunti che tuttavia non potrà pubblicare; lo farà per lui G. A. Colini in NS 1914. Nello stesso anno ebbe quel terribile incidente di caccia di cui si è accennato in precedenza. Nel 1904 i numerosi reperti degli scavi di Poggio Montano sono donati al Comune di Viterbo, in parte dal proprietario del terreno (Achille Piatti) e in parte dai concessionari dello scavo, Danielli, Balestra e Falcioni. Contemporaneamente a proprie spese incrementa la raccolta personale di materiale archeologico trovato sempre nell’area viterbese. Sempre in questo anno fa parte della commissione per il Museo Comunale del quale si avvertiva, dopo le ultime donazioni, sempre più pressante l’urgenza d’una definitiva ed appropriata sistemazione. La commissione oltre che da lui era composta dai soci: Cesare Pinzi, Pietro Egidi, Edoardo Costa, Vincenzo Falcioni, Valerio Caposavi, Giuseppe Signorelli e Andrea Scriattoli. La commissione,e possiamo ben immaginare il lavoro, opera la necessaria classificazione dei materiali e la suddivisione in quattro principali categorie: Preistorici, Etruschi Romani, Medievali e moderni. I reperti furono tutti classificati numerati e catalogati e per ciascun oggetto fu poi compilata una scheda. Contemporaneamente lo stesso LRD assieme a Domenico Sansoni ebbe il delicato incarico di avviare contatti per la restituzione al Comune dei materiali a suo tempo depositati presso il Seminario-Collegio Vescovile, ne resta l’inventario redatto dai due. Il riordino e l’incremento dei reperti rese più pressante e manifesta la necessità di disporre di locali più adatti al di fuori del Palazzo Comunale …si pensò a Palazzo Santoro. Sempre nel 1904 egli opera ricerche a Civita Musarna (Macchia del Conte) dove rinviene 40 tombe di vario tipo e diversa cronologia e ci lascia in un disegno preciso la pianta della necropoli con l’indicazione delle sepolture, oggi in gran parte, scomparse. Nel 1905 presso Viterbo in contrada Barigello scava e studia 8 tombe i cui materiali poi confluiranno nel Museo Civico. Nel 1906 a seguito delle scoperte e delle difficoltà anche finanziarie, fino ad allora aveva lavorato pagando di tasca propria, promuove insieme ad Anselmo Anselmi e Domenico Sansoni, la costituzione della Società “Pro Ferento”, diversa e interagente con quella della Conservazione dei Monumenti, con lo scopo precipuo di procedere “ ad uno scavo sistematico nella località dell’antica Ferento” Quale prestigioso Presidente fu eletto il duca Pietro Lante della Rovere. Contemporaneamente sempre in accordo con la Società per la Conservazione dei Monumenti vede la luce “Il Bollettino storico archeologico Viterbese” che conobbe una sola annata: 1918 e due numeri. Nel luglio 1908, il giorno 22, ha inizio a Ferento la prima campagna di scavi della nuova Società. La direzione dei lavori è affidata a Luigi Rossi Danielli e prosegue fino al 5 dicembre 1909. Quando si riprenderanno i lavori, il 22 giugno successivo, Luigi rossi Danielli non firma più… Il 18 marzo 1909 la delibera comunale, alla quale forse non fu estranea la diplomatica azione del Presidente della Società il duca Lante della Rovere, assegnò la Chiesa di S. Maria della Verità quale sede del Museo. Possiamo solo immaginare la gioia e la soddisfazione di Luigi Rossi Danielli. Nel corso di un rinnovato fervore per la creazione di un nuovo Museo da un lato e la preparazione della campagna di scavo del giugno seguente, Luigi Rossi Danielli, che di ambedue iniziative era il principale animatore,venne a mancare il 10 maggio 1909, per malattia cardiaca che da lunghi anni ne minava l’esistenza. La precoce morte non gli permise di assistere all’inaugurazione del Museo Civico nella Chiesa di S. Maria della Verità. A lui si deve il Museo Civico; fu infatti la donazione testamentaria (deposito perpetuo) della sua ingente collezione archeologica a determinare l’accelerazione delle pratiche per l’atteso trasferimento del vecchio Museo municipale. Tre anni dopo la sua morte nella primavera del 1912, la sua collezione fu portata al Museo la cui inaugurazione avvenne il 16 giugno dello stesso anno. I familiari rammentano con quanta attenzione il loro congiunto custodisse i suoi appunti in attesa di elaborarli per la pubblicazione e studiasse il materiale che allora sicuramente – a differenza di come a noi è giunto – egli teneva suddiviso per provenienza. La sua immatura scomparsa avvenuta il 10 maggio 1909, ha reso ingiustizia al suo impegno e al suo zelo: gli appunti, rimasti per lo più in stato di abbozzo, sono stati parzialmente editi molti anni dopo a cura del familiare Dr Luigi Catalano. Fu merito dello stesso Luigi Catalano la pubblicazione nel 1959 a distanza di 50 anni dalla morte dei suoi scritti, disegni e appunti raccolti in due volumi sotto il titolo comune di Gli Etruschi nel Viterbese (21 marzo 1959) con il primo tomo riguardante Ferento ed il secondo Gli Etruschi nel Viterbese nel 1962.